“Le bestie” di María Fernanda Ampuero

Nel saggio Algunos aspectos del cuento, Julio Cortázar sfrutta la terminologia della boxe per creare una metafora molto calzante: “il romanzo vince sempre per punti, mentre il racconto deve vincere per knock-out”. Il buon autore di racconti va dando a noi lettori piccoli buffetti quasi innocenti, tanto che non li percepiamo all’inizio come colpi, ma alla fine e in maniera sconvolgente ci troviamo scaraventati a terra da un pugno fortissimo, che non ci aspettavamo.
Questa definizione è perfetta per María Fernanda Ampuero. Con uno stile spietato e brutale ma anche capace di gettare sprazzi di luce su quei rimasugli di umanità che ancora resistono, la scrittrice ecuadoriana affronta di petto in questa raccolta il tema della famiglia, quel grande mostro nascosto sotto al letto a cui chiediamo amore ma spesso finisce per annientarci.
“Bisogna avere paura più dei vivi che dei morti”, si dice in uno dei racconti. E, in effetti, Le bestie è un’immersione nel torbido, tra incesto, violenza domestica, razzismo, classismo e ipocrisia sociale raccontati con un’eleganza e una naturalezza disarmanti. I tredici racconti di Le bestie non sono veri e propri racconti dell’orrore, ma molte delle situazioni quotidiane descritte lo sono. E lo è soprattutto il loro essere invisibili, la loro normalizzazione nella società moderna. Una lettura che non vi lascerà né tiepidi né indifferenti.
VI PIACERÀ SE
Se siete lettori o lettrici intrepidi e non vi spaventano le descrizioni crude e la violenza non edulcorata. Se da un libro vi aspettate che vi scuota, che vi sbatta in faccia la realtà di chi vive ben lontano dai privilegi occidentali. María Fernanda Ampuero ha detto “ho scritto questo libro ululando di dolore” e così, con uno stile che mescola linguaggio lirico e metafore feroci, punta il dito contro le classi sociali, la famiglia come istituzione, i canoni religiosi, il machismo, l’omofobia, il razzismo, la violenza contro le donne.
Il risultato è un’autentica bomba di illuminazione massiva del marcio che ci circonda ma non solo: di quanto il mondo sia un luogo pieno di pericoli se sei donna.
Leggere vi metterà a disagio, ma vi assicuro che non riuscirete a smettere.
L’EDITORE
Gran vía è una delle mie case editrici preferite e ne avevo già parlato qui.
L’AUTRICE

María Fernanda Ampuero è nata a Guayaquil, Ecuador, nel 1976. Ha studiato letteratura all’Universidad Católica de Santiago de Guayaquil e lavorato come giornalista. Ha scritto due libri di cronache ancora non tradotti in italiano (Lo que aprendí en la peluquería, 2011, e Permiso de residencia, 2013).
In Italia Gran vía ha pubblicato due sue raccolte di racconti: Sacrifici umani (uscito nel 2021) e ora Le bestie. Insieme a Mariana Enríquez e Mónica Ojeda, è diventata una delle voci latinoamericane più interessanti del cosiddetto “gotico femminista” e della corrente dell’horror unito a una forte critica sociale. Nelle interviste, tuttavia, ciò che colpisce è il contrasto tra l’oscurità che racconta e la leggerezza sorprendente della sua personalità:
Da adolescente, mi dicevano che sembravo emo, ma il mio stile è più simile a quello di Elton John. Sono come una gazza o una drag queen, se vedo delle paillettes le voglio tutte1.
Sembra tanto divertente e piena di brio nelle situazioni pubbliche, ma lei stessa ha confessato nella sua autobiografia Visceral (purtroppo non tradotta in italiano) come tutta quell’allegria che manifesta sia in realtà una finzione, mentre dentro di lei marcisce una ferita fatta di depressione, rifiuti e disturbi alimentari.
Non so se la persona estroversa che socializza e scherza sono io o una coreografia alla quale sono abituata da quando ero bambina.

In Visceral, María Fernanda Ampuero si scaglia contro la grassofobia tipica della nostra società, dice che “quando siamo bambine ci tolgono i superpoteri con gli specchi”. Racconta con ferocia come sua madre l’abbia partorita non “con dolore ma con grasso”. E le “cure” a base di anfetamine per dimagrire di giorno, e i sonniferi di notte per dormire e non sentire la fame. E le sorelle di sua nonna che le intimavano di non mangiare perché nessuno l’avrebbe mai amata. Questi traumi si riversano nei suoi racconti, in particolare in quello intitolato Creature, dove la protagonista dice:
In casa mia quando stai per affogare mangi e quando nessuno ti salva mangi e quando sei livida, gonfia, morta, mangi. Mamma comunque non avrebbe fatto nulla2.
Una volta raggiunta la pubertà, nei suoi racconti i mostri che sono in famiglia iniziano a sentire quel sangue e a perseguitare le adolescenti. María Fernanda denuncia la violenza domestica e gli abusi sessuali perché lei stessa ne è stata vittima. E la cosa peggiore, dice, è che sua madre e sua nonna le chiesero di non dire nulla al padre, di non dire nulla a nessuno. Il silenzio è un’ulteriore violenza.
Altro tema fondamentale della sua letteratura è la differenza di classe. In un’intervista rilasciata a “Il Manifesto”, María Fernanda Ampuero dice:
La letteratura può cambiare pochissime cose, in generale. Penso, ad esempio, ai libri di Primo Levi o quelli sulla schiavitù degli africani in America. Non hanno fatto cessare queste cose, né le hanno fermate. Le ricerche sugli omicidi alla frontiera tra Messico e Stati Uniti, o i libri su questo tema, non hanno reso le persone meno razziste, né hanno reso i confini meno crudeli. Quindi non credo che la mia letteratura possa fare nulla in tal senso.
Se i libri di Svetlana Aleksiévich sull’orrore della guerra o dell’energia nucleare non hanno cambiato nulla, cosa potrei mai fare io? Però per me è fondamentale parlare della differenza di classe. Descrivere chi si trova in una posizione di privilegio, mentre osserva come vengono distrutte le persone che non ne hanno, significa ad esempio constatare come nessuno di loro si sporchi le mani. A me interessa discutere del privilegio, del neocolonialismo, del colonialismo, perché è cruciale parlare di come il sistema di privilegio sia un’eredità che ci arriva dalle colonie. Restare in silenzio è essere complici di quell’odio. Non voglio morire rimanendo tiepida, no, questa è la ragione per cui ne scrivo.
I TEMI DEI TREDICI RACCONTI CHE FORMANO LE BESTIE
In Italia c’è purtroppo ancora un forte pregiudizio sulla forma del racconto. Si dice che non venda, che sia troppo difficile da raccontare nelle recensioni perché non c’è una trama uniforme e non si sa davvero come riassumere, cosa raccontare. Può darsi, ma secondo me si può sempre dare un’idea, un sentore della raccolta, perché c’è sempre un filo conduttore, un’inquietudine che preme o un tema che emerge più di altri.
E poi, trovo che nei tempi frenetici in cui viviamo, la forma del racconto sia la più adatta e versatile di tutte. Puoi leggere un racconto prima di dormire, puoi concluderne uno mentre aspetti l’autobus o la metro, puoi assaporarli uno alla volta o leggerli tutti avidamente, e mai ti succede di dimenticarti cosa era successo prima, di perdere il filo o confondere i nomi dei personaggi.
Personalmente, io amo le raccolte di racconti. Ammetto che, a mio avviso, i racconti di Le bestie non hanno tutti lo stesso livello e che ho amato alcuni più di altri (poi vi dirò quali), ma in tutti è magistrale la capacità di María Fernanda Ampuero di infondere paura attraverso una scrittura affilata e radioattiva, e di farti vivere esattamente le stesse sensazioni che provano i personaggi.
Non a caso, Le bestie è stato inserito tra i dieci migliori libri di fiction dal New York Times nel 2018.
È un libro di finzione che racconta la verità, una scrittura che fa male in mezzo a tante che non ci lasciano nulla. Ogni racconto è un tassello di brutalità e bellezza, un vero e proprio knock-out.

Vi parlo brevemente dei miei racconti preferiti della raccolta (non li metto tutti sia per non spoilerarvi troppo, sia perché quest’articolo verrebbe troppo lungo, è giusto per darvi un assaggio):
Asta: questo racconto è sconvolgente, appena ho finito di leggerlo ho dovuto prendere fiato. María Fernanda Ampuero sceglie di introdurre in maniera brutale, senza fare sconti al lettore, il tema della perdita dell’innocenza di una bambina e di cosa significhi per le donne essere sottomesse sin dalla prima infanzia al desiderio dell’uomo in una società violenta e patriarcale.
Il titolo in spagnolo della raccolta, Pelea de gallos, prende il nome da questo primo racconto, dove la protagonista accompagna il padre ai combattimenti tra galli a cui lui partecipa. L’odore e il ricordo dei galli maciullati l’aiuterà quando meno se l’aspetta, mentre è stata sequestrata da un gruppo di uomini che organizzano un’asta degli ostaggi, con tanto di presentatore come se fosse un programma televisivo.
Nam: questo racconto ha vinto in Spagna il premio Cosecha Eñe nel 2016. Qui i personaggi sono degli adolescenti che scoprono il proprio corpo e la propria sessualità in una scena quasi onirica in cui i tre, una ragazzina messicana che si sente brutta e pensa che nessuno l’amerà mai, e due fratelli (maschio e femmina) bianchi, belli e statunitensi si amano ascoltando i vinili del padre, che era stato a Woodstock.
Mentre il vinile gira e Bob Dylan canta Mr Tamburine Man, loro sono “cuccioli affamati, che succhiano le ultime gocce di latte dell’universo”. Ma ben presto l’orrore irrompe: il Nam del titolo è il Vietnam, dove il padre dei due fratelli aveva combattuto ed era stato decorato eroe di guerra. Tutti pensano che il padre sia morto, ma non è proprio così…
Passione: questo racconto è incredibile. È una rivisitazione femminista non troppo velata (non vengono fatti nomi ma è chiaro) della storia di Maria Maddalena, dove María Fernanda Ampuero immagina che fosse lei ad avere poteri taumaturghi. Maria Maddalena s’innamora e diventa succube di un giovane che promette di amarla ma, poco a poco, diventa un’altra persona:
A un tratto, quelli che lo seguivano divennero molti. Lui cambiò. Le storie si trasformarono in precetti e gli aneddoti, in comandamenti.
È chiaro che quel giovane è Gesù.
Coro: Coro è Natividad Corozo, una domestica a cui la datrice di lavoro, una ricca signora, decide di cambiare nome chiamandola Coro, perché il nome Natividad non le piace e pensa di poterlo fare perché la domestica è di sua proprietà. Questo racconto è una caustica denuncia dei privilegi di classe e dell’ipocrisia di questo gruppo di amiche altolocate, che hanno accettato alle loro riunioni una donna di classe sociale inferiore, Veronica, perché “sapevano che chi sfoggia più volte lo stesso abito ha un ruolo preciso: deve sforzarsi di intrattenerle”.
E l’intrattenimento è fatto di beceri pettegolezzi e critiche alle vite degli altri, perché “non parlare degli altri significa dover parlare di sé”, cosa che a loro fa orrore, perché la loro vita non è dorata come dicono. Anche questo racconto ha un finale sorprendente.
PER APPROFONDIRE
Per chi si trova vicino e ha voglia di farci un salto, María Fernanda Ampuero sarà ospite al festival Encuentro dedicato alle letterature in lingua spagnola che si tiene ogni anno a Perugia e dintorni. Qui trovate il programma, l’autrice ecuadoriana presenterà Le bestie sabato 31 maggio 2025 alle 17.30 alla Biblioteca di San Mariano.
Ho scoperto nelle mie ricerche che María Fernanda Ampuero ha creato un corso di “Introduzione alla scrittura di storie del terrore” che si può acquistare su Domestika. Al momento è in sconto e mi sembra un approfondimento davvero interessante, perché ci sono anche parecchi consigli di lettura. L’audio è disponibile in spagnolo e in inglese, ma ci sono anche i sottotitoli in italiano se v’interessa.
Ecco il link all’intervista completa che María Fernanda ha concesso a “Il Manifesto”. Qui invece potete sentire la sua voce, è stata ospite di una puntata del podcast “El lector” (in spagnolo).
Spero che questa puntata vi sia piaciuta e vi ringrazio tanto per avere letto fino a qui! Vi ricordo che potete anche seguirmi su Substack, dove ogni mese esce una nuova puntata della newsletter Sudestada. Mi trovate anche su Instagram, dove pubblico contenuti ogni settimana e vi racconto curiosità, personaggi letterari e recensioni di libri.
Avete letto questa raccolta o l’altra pubblicata da Gran vía, Sacrifici umani? Vi appassiona il genere? Fatemi sapere nei commenti se vi va. Un abbraccio e grazie per avere letto fino a qui, alla prossima! 🙂


