Interviste

La poesia del Brasile secondo Daniele Petruccioli

16 min di lettura

So già che quest’affermazione potrebbe causarmi l’immediato ritiro della cittadinanza argentina (dal punto di vista calcistico sicuramente), ma io amo il Brasile. Amo soprattutto la sua lingua e la sua musica. Sto studiando portoghese brasiliano da autodidatta da circa un anno, ma ainda tenho muito que aprender1. Sulla letteratura brasiliana, in particolare, in Italia ne sappiamo veramente poco. E se c’è una cosa che mi appassiona, è colmare lacune letterarie.

È stato imparando a dormire su un traghetto locale lungo il Rio delle Amazzoni che ho veramente capito la letteratura brasiliana. La sua musica. La sua poesia. E a non volerle più lasciare.2

L’anno scorso mi capitò di leggere Il caso Morel di Rubem Fonseca, edito da Fazi editore. Si tratta di un noir letterario, scritto da un ex-poliziotto diventato un grande scrittore. È un romanzo complesso, con tanti filoni narrativi che s’incrociano, pieno di citazioni e di frasi indimenticabili (una su tutte: “di niente dobbiamo avere paura, se non delle parole”3), dialoghi incalzanti, un gioco di specchi dove non c’è una parola fuori posto. E solo un traduttore esperto e raffinato come Daniele Petruccioli poteva riuscire nell’impresa di rendere questo romanzo in italiano.

Nei miei viaggi in poltrona verso il Brasile, mi sono poi imbattuta in un libro scritto proprio da Petruccioli, In Amazzonia, che fa parte della stupenda collana Passaggi di Dogana di Giulio Perrone editore. Non poteva essere una coincidenza (o forse sì, ma a me piace vedere dei segni quasi magici nella banalità della vita quotidiana). Allora ho pensato che solo lui poteva condurci nelle anse della letteratura brasiliana e l’ho contattato. È stato così gentile da guidare me e voi alla scoperta del Brasile in quest’intervista che state per leggere.

Nota: l’intervista è in realtà una chiacchierata che Daniele Petruccioli e io abbiamo fatto a voce su Skype. Questa è la trascrizione di una parte di tutto quello che ci siamo detti in circa un’ora di dialogo, ciò spiega il tono informale che ho voluto comunque mantenere, anche per renderlo più interessante e vivace per voi lettori e lettrici.


BREVE BIOGRAFIA

Ve lo presento brevemente: Daniele Petruccioli si è diplomato all’Accademia d’arte drammatica “Silvio D’Amico” e per anni si è occupato di teatro. Si è poi laureato in lingue all’Università della Tuscia di Viterbo e dal 2005 collabora con diverse case editrici come traduttore e revisore da portoghese, francese e inglese. In particolare, come traduttore e scout si occupa di tutta l’area lusofona, dal Portogallo al Brasile, passando per l’Angola e il Mozambico.

Attualmente insegna Teoria della traduzione e Traduzione editoriale dal portoghese all’Università “Unint” di Roma ed è tra i fondatori del primo sindacato italiano di traduttori editoriali, Strade. Nel 2010 ha vinto il premio “Luciano Bianciardi” per la traduzione del romanzo Ella Minnow Pea di Mark Dunn (Voland).

È inoltre autore di due saggi dedicati alla traduzione: Falsi d’autore. Guida pratica per orientarsi nel mondo dei libri tradotti (Quodlibet), e Le pagine nere. Appunti sulla traduzione dei romanzi (Edizioni La Lepre). È anche scrittore: nel 2020 ha pubblicato il suo primo romanzo La casa delle madri (TerraRossa Edizioni, nella dozzina del Premio Strega 2021) e nel 2023 il secondo, Si vede che non era destino (TerraRossa Edizioni), che ha vinto il Premio Basilicata 2023.

L’INTERVISTA

Clavel del aire: Secondo un report dell’AIE del 2023, il 64% dei libri tradotti in Italia hanno come lingua d’origine l’inglese. Solo il 4% viene tradotto dallo spagnolo e addirittura soltanto l’1% dal portoghese. Cosa si può fare secondo te per promuovere le cosiddette “letterature minori”?

Daniele Petruccioli: Io di fronte a chi lamenta che non si parla più italiano e che ci sono troppi prestiti dall’inglese penso che da sempre le lingue e le culture funzionano in questo modo, la lingua-cultura egemone tende a invadere e questo è normale – è un processo che può non piacerci ma non si può fingere che non accada. E, d’altra parte, sappiamo perfettamente che le letterature – chiamiamole così – “minori” digeriscono, trasformano e reinventano quello da cui sono invase. Quindi, secondo me è un processo che alla fine non va tanto deplorato, ma casomai governato con intelligenza.

Quello che si può fare è insistere: i lettori devono cercare di più, non devono stare lì a comprare soltanto i libri che – provenendo appunto da culture egemoni – conquistano i paginoni centrali degli inserti letterari e magari, per farli uscire a poca distanza dalla pubblicazione dell’originale, tocca pure tradurre di corsa.

I lettori dovrebbero andarsi a cercare autori meno noti, anche dall’anglofonia. Noi abbiamo fior di case editrici piccole – devo dire anche le grandi un po’ ci provano – che fanno un lavoro incredibile di ricerca. Certo, quando dopo un po’ ci rimettono con i soldi mollano, quindi sta a noi, secondo me, fare che ciò non accada. I lettori forti in Italia sono pochissimi, ma spendono tanto, dovrebbero spendere in maniera un po’ più diversificata. Non comprare solo l’ultimo “grande romanzo americano” o l’ultimo giallo scandinavo, magari ti prendi un’autrice sconosciuta polacca che tra dieci anni vince il Nobel e tu l’avevi già letta.

Clavel del aire: Quali sono secondo te le caratteristiche della letteratura brasiliana che non vengono apprezzate o comprese dall’editoria italiana?

Daniele Petruccioli: Faccio scouting dal Brasile da quasi trent’anni, propongo praticamente solo brasiliani e, se possibile, brasiliani che abbiano non più di 40-45 anni. Ho una cartella stracolma di file di proposte che spesso vengono anche accolte con piacere, ma ne ho viste pubblicate veramente pochissime.

La letteratura brasiliana si è evoluta in direzioni che non sono quelle dei bestseller, ma anche quella portoghese da questo punto di vista. Tu pensa a Jorge Amado per il Brasile. Pensa ovviamente anche a José Saramago per il Portogallo. E se poi prendi, appunto, anche i trenta-quarantenni portoghesi che vengono soprattutto dal mondo della televisione e della sceneggiatura, sono completamente diversi, esplorano altre strade, sono stupendi ma sono molto diversi da José Saramago, per dire.

Il problema non è tanto che gli editori italiani non capiscono, è che cercano altre cose pensando giustamente che ciò che finora ha venduto tanto è stato quello, però oggi non c’è.

Bisogna anche saperci un po’ giocare. Per esempio, l’enorme successo di Città di Dio di tanti anni fa, pubblicato per Einaudi, che più che un romanzo allora sembrava quasi un reportage, da quello poi è derivato un filone importante della letteratura brasiliana – la cosiddetta literatura marginal – con un certo tipo di linguaggio, un certo tipo di vita. Però, anche lì, quelli che vengono pubblicati sono molto spesso i libri più leggibili e meno sperimentali.

Invece nella literatura marginal c’è uno sperimentalismo linguistico pazzesco, perché nasce dai rapper in realtà, e quindi c’era un modo di parlare incredibile. E lì devi inventartela la lingua, nel tradurre, è veramente molto faticoso. I piccoli editori sono più coraggiosi anche dal punto di vista della lingua. Io oggi su questo riesco a impormi abbastanza, oddio, almeno in parte, anche con i grandi, ma con enorme fatica, veramente.

Clavel del aire: Nel tuo saggio del 2013, Tradurre le lingue portoghesi, uscito sulla rivista Tradurre, racconti un fatto curioso: “È difficilissimo comprare una novità editoriale brasiliana nelle librerie di Lisbona, e quando la si trova il testo è in generale abbastanza diverso morfosintatticamente da quello originale, in virtù di una “traduzione” dal portoghese in… portoghese, operata dalle stesse case editrici a beneficio di una “sensibilità” linguistica del portoghese europeo”.

Aggiungi anche che i romanzi brasiliani “tradotti” in portoghese sono diventati “una trincea scavata in una guerra per la supremazia culturale tra paesi che crescono in modo disuguale, dove la “correttezza” linguistica, anzi ortografica, si fa emblema di un revanscismo che ha radici troppo lontane perché la ferita possa forse mai richiudersi”. È ancora così? Hai notato cambiamenti negli ultimi dieci anni?

Daniele Petruccioli: In Brasile c’è un posizionamento diverso dei pronomi, che sembra veramente scorretto a un portoghese. I brasiliani hanno anche un uso diverso del congiuntivo che irrita profondamente il portoghese del Portogallo e che però ha regole sue. E quindi sì, i portoghesi lo facevano e ritraducevano i libri brasiliani, almeno fino a dieci anni fa. Non mi risulta che oggi succeda più.

Ormai il Portogallo è molto cosmopolita, ci sono scrittori e scrittrici angolane che comunque scrivono in un portoghese che forse, per certi versi, è più standard del brasiliano ma che ha una serie di specificità molto forti. Diciamo che è una cosa superata.

Clavel del aire: Paulo Rónai4 sosteneva che il primo compito del traduttore fosse quello di possedere delle conoscenze che andassero al di là della mera lingua e della cultura generale, per evitare le trappole in cui si cade se non si conosce a fondo la cultura della lingua che si vuole tradurre. Tu vivi a Roma, come ti tieni aggiornato sui cambiamenti sociali e culturali e sull’attualità brasiliana?

Daniele Petruccioli: Viaggiando il più possibile, tra l’altro ultimamente vado più in Brasile che in Portogallo. Diciamo che da prima della pandemia non mi sono mosso di più. L’ultima volta che sono partito era il 2017 con una borsa di traduzione che mi ha permesso di stare in Brasile tre settimane.

Esistono più o meno in tutti gli stati queste borse – l’Italia purtroppo è molto avara in questo – ma insomma la Francia lo fa tantissimo, la Germania senz’altro, la Svizzera, il Portogallo e anche il Brasile lo fa piuttosto bene. Finanziano le traduzioni, la stampa, la promozione, l’uscita dei loro autori o autrici per venire a promuovere i loro lavori nei paesi dove vengono tradotti. E poi ci sono le borse per chi traduce. In Brasile in cambio ti chiedono mi pare almeno tre conferenze in varie Università, per cui ho dovuto contattare l’Università dove farlo, ma non è stato difficile perché per esempio a Florianópolis c’è un corso post-dottorato importantissimo, tutto sulla traduzione letteraria. E non solo lì.

E poi sono abbonato a tutte le riviste letterarie che ci sono, seguo siti degli scrittori, delle scrittrici e degli editori, gli agenti mi mandano spesso i libri e le loro newsletter. Mi affido anche molto al caso, guardo anche i blog piccoli. In Brasile poi, per esempio, ci sono anche tanti e tante youtuber che parlano di libri, quindi li seguo abbastanza. Insomma, oggi con Internet, radio, televisione, cinema non c’è problema.

Clavel del aire: Tu parli da quando eri piccolo anche il francese e l’inglese, ma hai scelto all’Università di specializzarti in portoghese. Che cosa ti ha sedotto di questa lingua e della sua letteratura?

Daniele Petruccioli: Avevo fatto una scuola d’arte, poi ho deciso di prendere una laurea in lingue. Sono un laureato tardivo, mi sono laureato intorno ai trent’anni. Era un’Università di lingue e letterature, allora non si insegnava traduzione, però a fare la lettrice di portoghese c’era un’interprete di conferenza straordinaria che si chiamava Cândida Alves da Costa, che è portoghese del Portogallo e che faceva l’interprete al Presidente della Repubblica.

Non avevamo le cabine, perché quelle c’erano solo nelle scuole di mediazione linguistica, però ci faceva consecutiva. E ce la faceva molto bene con gli audio originali, come si fa oggi. E così ho potuto, prima che esistessero a livello universitario, fare un vero corso di interpretariato. Mi piaceva molto l’idea e quindi mi sono iscritto a portoghese.

Clavel del aire: Riguardo al tuo libro In Amazzonia, Mário de Andrade e Milton Hatoum sono i due scrittori che hai scelto come “guide spirituali” per il tuo viaggio in Amazzonia. Mário de Andrade è morto nel 1945 e Hatoum ha ambientato i due romanzi che citi5 nella seconda metà del secolo scorso. In che modo pensi che lo sguardo sull’Amazzonia di questi due scrittori sia ancora attuale?

Daniele Petruccioli: Giulio Perrone per la sua collana Passaggi di Dogana mi aveva chiesto di occuparmi del Brasile. E io: “Guarda, non si può fare, il Brasile è un continente! Scegliamone una parte”. E devo dire che lui è stato molto disponibile, mi ha dato carta bianca, a me sarebbe piaciuto fare un ecosistema, perché poi il Brasile è un coacervo di ecosistemi differenti. Gli avevo proposto il Sertão, e lì naturalmente João Guimarães Rosa l’avrebbe fatta da padrone, oppure l’Amazzonia. Alla fine abbiamo scelto l’Amazzonia. Di solito, per questa collana, si sceglie un luogo e uno scrittore, ma per l’Amazzonia uno era troppo poco, così ho deciso di sceglierne due.

Mário de Andrade

Uno è un classico del Novecento, Mário de Andrade, che è stato tra l’altro un musicologo e un poeta, e che ha fatto un viaggio in Amazzonia di cui ha lasciato un diario che è miracolosamente stato tradotto anche in italiano da Andrea Ciacchi, col titolo Il turista apprendista. E poi ovviamente di tradotto c’è anche Macunaíma, che è stato pubblicato da Adelphi nella traduzione di Giuliana Segre Giorgi, ed è un vero grande classico del ‘900 brasiliano, che parte dalla mitografia amazzonica.

Milton Hatoum

Il secondo è Milton Hatoum – tradotto in Italia da Amina Di Munno – che è di Manaus e ha raccontato la Manaus prima che fosse completamente ristrutturata dai militari che l’hanno rasa al suolo e ricostruita in maniera non proprio eco-friendly, come diremmo oggi. Ho scelto questi due semplicemente per avere due grandi scrittori che fossero uno dell’inizio e uno della fine del ‘900, però è una scelta assolutamente arbitraria.

Avrei potuto scegliere diversi altri scrittori e scrittrici che si occupano oggi tanto di Amazzonia, anche rispetto al cambiamento climatico che sta diventando pesantissimo. C’è una siccità mostruosa, i fiumi si seccano e, siccome i fiumi sono le strade in Amazzonia, le persone non riescono più a muoversi.

Tornando ai due autori che ho scelto, secondo me entrambi insegnano a non fidarsi di quello che si vede. I romanzi di questi due autori non si possono usare a mo’ di guide turistiche (per quello c’è il mio libro…), come negli anni ’80, per esempio, Meno di zero6 per farsi un giro a Los Angeles. Però sono romanzi imprescindibili, bellissimi e che ti danno il senso della distanza, che secondo me è una delle cose che la letteratura deve saper dare.

Clavel del aire: Infine, una domanda che ti avranno fatto mille volte, ma è per una buona causa: quali sono gli autori/le autrici o le opere indispensabili (e tradottə in italiano) per addentrarsi alla scoperta della letteratura brasiliana?

Daniele Petruccioli: Sicuramente Luiz Ruffato, pubblicato da La Nuova Frontiera nelle traduzioni di Gian Luigi De Rosa. Rubem Fonseca, pubblicato sia da Fazi nella mia traduzione che dalle Edizioni dell’Urogallo nelle traduzioni di Marco Bucaioni. Clarice Lispector, ovviamente, il cui ultimo traduttore è Roberto Francavilla, ma i grandi neanche li dico.

Amilcar Bettega, che scrive dei racconti stupendi, lui sembra veramente Kafka. Un’altra che mi piace tantissimo è Carol Bensimon, pubblicata da Tunué. Questi li ho tradotti io. Poi c’è questo autore bravissimo che purtroppo si è suicidato a 27 anni, ma aveva già vinto il Prêmio Jabuti (l’equivalente del Premio Strega brasiliano). Si chiama Victor Heringer – era di origini germaniche – e ha scritto questo romanzo che s’intitola in italiano L’amore degli uomini soli. È uscito per Safarà nella traduzione di Vincenzo Barca ed è veramente un capolavoro.

E adesso è anche uscita, mi stavo dimenticando, per Fazi editore questa scrittrice che si chiama Carla Madeira, sempre nella mia traduzione. Lei è veramente una scrittrice che usa il linguaggio in maniera profondamente libertaria, che è un tratto che aveva anche Jorge Amado, questa cosa di scegliere figure non molto accettate dalla buona società borghese, ma che in realtà sono salvifiche – Dona Flor e i suoi due mariti, per fare solo un esempio e che è anche uno dei miei romanzi preferiti in assoluto, anche se è difficile sceglierne uno di Jorge Amado.

Carla Madeira

Tornando a Carla Madeira, il suo romanzo L’amore è un fiume è stato al centro di tantissime polemiche in Brasile, perché è la storia di una violenza domestica pesantissima. Ma il marito violento è un personaggio che sa anche farsi amare dai lettori, e poi è circondato da due donne molto particolari e la moglie è tutt’altro che una vittima. Tutto questo è molto spiazzante per chi legge, e io lo trovo straordinario. È proprio la coazione a ripetere di violenza-vendetta che Carla Madeira in qualche modo cerca di scardinare, e ci riesce perché questo triangolo amoroso pazzesco sconvolge completamente il nostro senso di famiglia.

Carla Madeira ti fa esplodere tutti i preconcetti. Lei è una che i luoghi comuni li prende, li ciancica e te li sputa in faccia. E lo fa con una lingua, appunto, come solo sotto l’Equatore sanno fare.


RICAPITOLANDO I CONSIGLI DI LETTURA

Sono stato a Lisbona e ho pensato a te di Luiz Ruffato, La Nuova Frontiera

Il caso Morel di Rubem Fonseca, Fazi editore

In Amazzonia di Daniele Petruccioli, Giulio Perrone editore

Macunaíma di Mário de Andrade, Adelphi

Lasci la stanza com’è di Amilcar Bettega, Del Vecchio editore

L’amore è un fiume di Carla Madeira, Fazi editore

Biliardo sott’acqua di Carla Bensimon, Tunué

L’amore degli uomini soli di Victor Heringer, Safarà editore

Dona Flor e i suoi due mariti di Jorge Amado, Garzanti

Città di Dio. Brasile senza samba di Paulo Lins, Marotta e Cafiero (la prima edizione però era di Einaudi)

Ceneri del nord di Milton Hatoum, Il Saggiatore

Due Fratelli di Milton Hatoum, Tropea editore


Ci tengo infine a ringraziare tantissimo Daniele Petruccioli per essere stato così gentile e disponibile. Spero vi sia piaciuta quest’intervista, che ha inaugurato una nuova sezione nel blog. Fatemi sapere se questa nuova rubrica focalizzata sulle interviste a persone del mondo editoriale vi sembra interessante e se volete che ci siano altre puntate, sono qui per voi! 🙂

Un abrazo fuerte, vi auguro delle vacanze ricche di bellissime letture e ci risentiamo a fine agosto!

  1. “Ho ancora molto da imparare”. Scusate, ma mi esalta tantissimo scrivere in portoghese! ↩︎
  2. In Amazzonia, Daniele Petruccioli. Giulio Perrone editore, Roma, 2023. Pag. 39 ↩︎
  3. Il caso Morel, Rubem Fonseca. Fazi editore, Roma, 2023. Pag. 117 ↩︎
  4. Traduttore, filologo e critico ebreo-ungherese che scappò in Brasile dal nazismo e tradusse tutto il canone francese in portoghese brasiliano. ↩︎
  5. Nel suo libro In Amazzonia, Daniele Petruccioli consiglia caldamente la lettura dei romanzi Macunaíma di Mário de Andrade e Due fratelli e Ceneri del nord di Milton Hatoum. ↩︎
  6. Romanzo d’esordio di Bret Easton Ellis, edito in Italia da Einaudi. ↩︎

4 Comments

    • Rocío

      Sì, Daniele Petruccioli ha una cultura immensa ed è stato generosissimo con i consigli di lettura… penso che questo mese il portafoglio soccomberà ahah!

  • Juri Castellani

    Molto interessante! Incredibile scoprire che a lungo è il portoghese del Brasile è stato tradotto in portoghese del Portogallo!

    • Rocío

      Davvero, è una cosa che ha sconvolto anche me! Per fortuna che ormai fa parte del passato e di un certo spirito revanscista portoghese che, secondo quanto detto da Daniele Petruccioli, oggi sembra scomparso. Meno male. Grazie per il tuo commento!

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